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Nutrigenomica e anti-aging

Mi faccio spiegare cos'è l'epigenetica da un esperto, il dottor Ascanio Polimeni, specialista in neuroendocrinoimmunologia ed esperto in medicina nutrigenomica e anti-aging. L’epigenetica è il controllo delle espressioni dei geni da parte dell’ambiente e questo include il modo di pensare. Polimeni mi ha parlato di come la scienza sia giunta alla capacità di predire le malattie correlate all’avanzare dell’età da quando, nel 2002, si è concluso il Progetto Genoma. "Una volta evidenziati i geni associati a malattie, come Alzheimer o altro, lo specialista cercherà di controllarne l’attività. A mio parere, la cosa più strabiliante che gli scienziati abbiano dimostrato è, senza ombra di dubbio, che la mappa dei nostri geni non risulta essere in funzione al 100%: esistono geni attivi e altri silenti, disattivi. Quali si attiveranno per migliorare le nostre condizioni o per peggiorarle e quando? Pare davvero che si possa intervenire".

Secondo Il dottor Polimeni, che ha pubblicato “La biologia delle credenze” e “Interazione fra geni e ambiente” edito da Sperling & Kupfer, l’attività dei geni è condizionata dalla nostra alimentazione, dal tipo di attività fisica che svolgiamo, dal tipo di stress con cui si convive e, udite udite!, dai pensieri che albergano la nostra mente. "Un gene è attivo o disattivo, è espesso o non espresso e somiglia dire, come alla lampadina su un albero di Natale, accesa o spenta, a intermittenza” ha spiegato Polimene. “La sfida della medicina oggi consiste nel sapere come intervenire sui geni attraverso l’ambiente, cambiando livello di inquinamento, tipo di dieta, lifestyle, stress e pensieri con cui nutrire non solo la mente ma anche la nostra mappa genetica”.

Il professor Francesco Marotta, che collabora a contratto in Nutrizionistica alla Scuola di Specializzazione in Biotecnologie e Medicina Naturale dell'Università degli Studi di Milano, ha pubblicato un libro intitolato "Il manifesto della lunga vita", editore Sperling & Kupfer, assieme al collega Paolo Massarola e dichiara che si tratta di una rivoluzione nella medicina predittiva. Cosa? La conoscenza del DNA o, quanto meno, di alcuni tratti del proprio genoma sufficienti a indicare quali potrebbero essere le carenze, le difficoltà o i difetti ereditari contro i quali alzare un muro di difese preventive. Ogni persona potrebbe scoprire quale sia la dieta perfetta per evitare malattie, quali esercizi preferire fra i tanti, quale ambiente prediligere e via discorrendo.

Un test genetico andrebbe fatto almeno una volta nella vita e, secondo il Professor Dr. Michael Kentze di Monaco, andrebbe eseguito fra i 40 e i 45 anni per utilizzarlo a scopo preventivo. Un individuo già malato o in età avanzata ha più difficoltà ad agire allo scopo di evitare che si producano i problemi rivelati dal contenuto del proprio DNA. Ma vale sempre la pena provarci. Continua Michael Klentze: "E' dimostrato da esperimenti clinici fin da quando si è concluso il Progetto Genoma nel 2002. Ora siamo in grado di predire le malattie correlate all'avanzare dell'età. Stiamo lavorando con dei test provenienti da un luogo della Sardegna" continua il professore, che ho personalmente intervistato, "in cui esistono molti centenari. Si ritrovano geni che li accompagnano e li paragoniamo con quelli di altre parti della popolazione. Si era già fatto qualcosa di simile a Limone, sul Lago di Garda e abbiamo scoperto che esistono geni poco condizionati da infiammazioni: hanno un buon sistema immunitario".

Trovo l'argomento molto affascinante e Klentze prosegue: "Si dice che un toscano, innamorato di una donna contro il volere della propria famiglia, fuggì a Limone e che da allora questo gene si sia propagato. Le evidenze cliniche che oggi possediamo ci permettono di prevenire malatttie senza ancora sapere che alcuni geni possono essere CAMBIATI da alimentazione ed esercizi fisici. Ma, senza test, come faccio a sapere su cosa lavorare?" In parole povere, se non è davvero possibile ancora sapere con precisione come stanno le cose, se non si ha alcuna idea della prevenzione, forse non conviene neppure allertare una persona. Meglio stare tutti tranquilli.

Eppure, attraverso una stima, si possono operare tutti i possibili sistemi per evitare quanto meno il più possibile che si sviluppi una malattia grave. Il test  genetico si fa solo una volta nella vita ma si può ripetere per monitorare e misurare se c'è richiesta minore o maggiore di un qualche cosa rispetto al modo in cui agiscono i geni. Alcuni rimedi saranno quindi in grado di bloccare o stimolare particolari gruppi di geni coinvolti in una malattia già presente o che potrebbe svilupparsi. "Secondo me" conclude il professor Klentze, "non serve tanto offrire una mappa genetica completa, quanto essere in grado di offrire l'evidenza dei geni associati a malattie, come l'Alzheimer e, se possibile, controllarne l'attività indipendemente dall'età. Chi ha un cancro deve sapere cosa mangiare e cosa no, anche una volta guarito, per evitare ricadute!".

Molto interessante anche quanto ha da dire un esperto in malattie cardiovascolari e polimorfismi infiammatori, dottor Calogero Caruso: "E' difficile confrontare i geni siciliani a quelli irlandesi, considerando che lassù si fa colazione a wurstel mentre da noi c'è la dieta mediterranea. I parametri genetici sono per forza diversi. Il controllo di malattie cardiovascolari e infiammazioni è fondamentale. La risposta alle malattie infiammatorie è fortemente ereditaria. Le morti da infezioni sono sotto controllo genico. Gli stati pro-infiammatori accelerano l'invecchiamento poiché deteriorano tutti i tessuti. L'aging è associato alla cronicizzazione di svariati fattori infiammatori. La continua stimolazione del sistema immunitario verso agenti patogeni fa sì che i geni della longevità non siano più capaci di ripare le cellule malate".

La longevità, spiega ancora Caruso, che lavora all'Università di Palermo, possiede una forte componente genetica ed è stato dimostrato da molti studi e ricerche. Non si possono includere rapporti familiari dovuti a legami sociali e non genetici. "Dovremmo seguire una dieta paleolitica" suggerisce ancora: "I cereali sono utilizzati solo di recente e sono pro-infiammatori e certamente una buona dose di controlli anti-infiammatori favorirebbero la longevità". In effetti, ormai tutti gli studiosi affermano di ritenere che i geni siano controllati dallo stile di vita, dai danni al DNA, dallo stress ossidativo e cellulare, dall'attivazione oncologica e dalla nutrizione, oltre che dall'ereditarietà.

Mai dimenticare, quindi, che stimolare l'attività mentale aiuta la prevenzione: bisogna sfidare la propria mente per evitare disturbi del pensiero e problemi di memoria. Le regole per una longevità sostenibile sono poche e classiche, tutto sommato: non fumare, non bere alcolici, mangiare poche calorie, meno grassi e mangiare poco in generale, fare esercizi fisici ed evitare la riduzione della massa muscolare. Di questo parlo con Paolo Pezzali, istruttore di educazione fisica e osteopata. "Fare attività fisica serve a dare un benessere psicofisico quasi immediato. Bastano poche settimane per sentirlo. L'attività fisica deve seguire delle regole e serve la figura di un accompagnatore. Ad esempio, una città come Milano non concede attività all'aperto: c'è troppo traffico e smog. Io consiglio di iscriversi a un corso dell'Isef oppure ai centri di Fitness e Benessere".

Oggi l'attività fisica è ricercata prevalentemente per combattere lo stress, continua Pezzali. "Sempre più persone vengono in palestra per rilassarsi e ho scoperto che, se ci fosse maggior qualificazione nelle strutture per meglio aiutare i bisogni delle persone, se ne servirebbero molti di più. Ci vuole un trainer che sappia ascoltare, rinforzando udito e tatto: ci vuole più ascolto. Poi bisogna toccare, sentire le persone che lamentano dolori. Bisogna dare consapevolezza del proprio corpo e comprendere coloro che sopportano per anni disagi che andrebbero curati".


Dr. A.D.Cohen

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